Confisca irrevocabile dei beni di un commercialista torinese. Beni acquisiti anche in Città Metropolitana e in Valle d’Aosta
La Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da un noto
commercialista di Torino e dai suoi familiari, avverso l’applicazione della Sorveglianza Speciale di
Pubblica Sicurezza per anni 4 e la confisca di beni per un valore superiore a 4 milioni di euro decise da due diversi decreti emessi dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Torino.
La misura di prevenzione personale e patrimoniale era stata presentata a seguito di indagini patrimoniali svolte dalla Direzione Investigativa Antimafia – articolazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza -, costantemente coordinate dalla Procura della Repubblica di Torino, i cui esiti erano confluiti in una proposta a firma congiunta del Direttore della DIA e del Procuratore della Repubblica di Torino.
Il professionista era stato arrestato unitamente a due esponenti di spicco della cosca ‘ndranghetista Spagnolo di Ciminà (RC) operante in Piemonte, nell’ambito dell’operazione, convenzionalmente denominata, “PIONEER”, avviata da questo Centro Operativo.
Il professionista era aduso creare e utilizzare sistemi di interposizione fittizia nella proprietà di beni ed imprese, tanto a favore di esponenti di consorterie mafiose, quanto a beneficio proprio nonché ad organizzare sistemi criminali per la commissione di reati tributari quali l’emissione o l’annotazione di fatture per operazioni inesistenti tra società collegate.
Tra i beni confiscati definitivamente ed acquisiti nel patrimonio dello Stato vi sono i compendi di due aziende ubicate in provincia di Torino e Lecce, quote societarie di diverse società, 9 rapporti finanziari, 36 beni immobili ubicati nelle province di Torino, Aosta, Savona, Vibo Valentia e Lecce e beni immobili registrati per un valore complessivo che supera i 4 milioni di euro.
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