Nel libro di Cristiano Bussola la storia della tv privata e la ‘leggenda’ di Antenna Tre

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di Laura Goria

Renzo Villa è colui che ha inventato la televisione commerciale negli anni 70, partendo da zero, dando forma al suo sogno e inanellando un successo dopo l’altro con Antenna 3 Lombardia.

Ma chi era questo genio, sognatore, lungimirante, con i piedi per terra, uomo di grande spessore umano e amato da tutti per il suo carattere e la sua semplicità?

Lo scopriamo nel libro “Una fetta di sorriso. Renzo Villa, l’inventore della tv commerciale raccontato da chi lo ha conosciuto” che possiamo definire una biografia per ricordi ed immagini, scritto dal giornalista Cristiano Bussola che ha raccolto oltre 40 testimonianze di chi l’ha conosciuto ed ha lavorato con lui. Dalle loro parole emerge un ritratto a 360° dell’imprenditore che fu molto, ma molto più grande di quanto possiamo immaginare. Il libro verrà presentato per la prima volta domenica 12 marzo alle ore 11,30 alla Mostra Regionale di San Giuseppe a Casale Monferrato. Interverranno l’autore, il popolare conduttore televisivo Ettore Andenna, la moglie di Renzo Villa, Wally Villa e Luigi Angelino, giornalista de Il Monferrato.

Cristiano Bussola, chi era Renzo Villa  e qual era la sua grandezza?

Era un visionario e sognatore che però poi le cose le realizzava davvero. Lui voleva cantare e recitare, questa è stata la molla che l’ha spinto a fare una tv.

Non ha sfondato nel mondo dello spettacolo allora ha pensato di creare una sua televisione, mai più immaginando che sarebbe stato un incredibile successo anche dal punto di vista imprenditoriale.  Erano gli anni 70-80 in cui queste cose si potevano fare. Però dovevi avere le capacità e lui si è scoperto anche un grande manager: è stato editore dell’emittente oltreché direttore artistico, ha condotto programmi ed è riuscito a fare tantissime altre cose. Un esempio da seguire per chi ha un sogno in qualsiasi ambito e, sembra banale, ma vedendo quello che lui è riuscito a realizzare, si capisce che forse tutto è fattibile, se ci si impegna con la passione che aveva lui.

Perché “Una fetta di sorriso”?

E’ evocativo di un clima di lavoro piacevole e sereno, quello di allora,  ed è il titolo di una delle canzoni più famose di Renzo Villa, con parole scritte da lui. E’ la sigla finale del suo programma “Il Bingo”, dedicato alle famiglie; canzone che riuscì a vendere un milione di copie, vista la popolarità di Villa.  La sua era una televisione talmente seguita che gli fruttò il Telegatto. Fu il quarto conduttore a livello nazionale nella classifica di “Tv Sorrisi e Canzoni” che vedeva in testa Mike Bongiorno, seguito da Pippo Baudo, Corrado e poi Renzo Villa, grazie al seguito enorme che aveva in Lombardia.

Renzo Villa inventore e manager. I segreti del suo successo?

La determinazione del genio imprenditoriale unita alla fortuna, perché si è trovato al posto giusto e nel momento giusto; ha avuto un’idea brillante in un’epoca in cui queste cose si potevano realizzare, era tutto da inventare. Certo lui aveva anche indubbie capacità. Inoltre aveva un’abilità di persuasione eccezionale. Basti pensare che quando era ancora dipendente del Dazio contattò Enzo Tortora dopo aver letto un suo articolo che raccontava della nascita di Telebiella, partì tutto da lì, riuscì a coinvolgerlo fino a farne il suo socio nell’avventura che poteva anche sembrare una roba  da pazzi. Tortora accettò diventando figura di riferimento della Tv.

Il lato umano di Villa?

Nelle testimonianze che ho raccolto, da Massimo Boldi ai registi  fino ai tecnici e alla truccatrice, tutti hanno sottolineato la sua umanità. Un grande manager dalle doti umane. Aveva un immenso rispetto per gli altri e lasciava massima libertà di espressione a tutti gli artisti; potevano fare e dire quello che volevano senza che li censurasse.

Poi era un grande talent scout perché, essendo appassionato di teatro, cabaret e spettacolo, aveva la dote di saper riconoscere il talento e lo incoraggiava. Quello che non era riuscito a realizzare in prima persona era forse compensato dalla soddisfazione di aver scoperto dei comici, cantanti e attori che poi hanno avuto enorme successo.

Altre caratteristiche di Renzo Villa che lei è riuscito a delineare?

E’ stato abile nel realizzare una favola per cui, dal sogno di cantare, condurre e recitare, ha creato le condizioni per poterlo fare in una sua emittente – invenzione creata dal nulla. E non l’ha venduta a Berlusconi, che voleva costruire il suo impero televisivo partendo dall’acquisizione di Antenna 3 e gli offriva 9 miliardi di lire negli anni 83 -84, quando era già diventata un’emittente seguitissima e famosissima. Sarebbe come dire, – che so – 25 milioni di euro di oggi, una cifra da capogiro. Non volle perché diceva che non avrebbe più avuto il suo pubblico, le persone che lo fermavano per strada. Un puro con sentimenti buoni, che però sapeva il fatto suo. E io che non l’ho mai conosciuto, se non da bambino telespettatore negli anni ’70, me lo immaginavo proprio così.

Per lei che è professionalmente nato nelle tv private e ha avuto ruoli importanti a più livelli, cosa ha rappresentato Renzo Villa? Cosa l’ha spinta a scrivere un libro su di lui?

Per me è stato un modello. Avevo 10-11 anni e lo seguivo in tv. Lo vedevo cantare e condurre il programma, ma mi informavo e sapevo che era pure l’editore, il capo dell’emittente, quindi un’affascinate figura televisiva a tutto tondo.

Come ha deciso le persone da intervistare?

Alcune le ho scelte io perché me le ricordavo in tv a quell’epoca. Per esempio, Ettore Andenna, conduttore del programma epico su Antenna 3 Lombardia, “La Bustarella”, poi copiato tale e quale da “Giochi senza Frontiere” che fu condotto  dallo stesso Andenna. Massimo Boldi, Memo Remigi che allora – incredibile – vendeva le pentole in televisione in un programma insieme a Villa, ma cantava e suonava già il piano. Personaggi noti che volevo sentire di persona dopo averli seguiti da spettatore.

E tra i collaboratori – tecnici, segretarie, ed altri – persone per così dire “comuni”?

Grazie a Wally, la moglie di Renzo Villa che oggi porta avanti la sua memoria, con  l’ “Associazione Amici di Renzo Villa” ho potuto intervistare le persone “normali” di Antenna 3 con le quali mi ha messo in contatto.  Il barista, perché all’interno della tv c’era un bar, cosa straordinaria; e avendo lo studio 1 ben 1200 posti i clienti non mancavano certo.

La truccatrice personale di Villa che vedeva entrare in camerino i comici che volevano aumenti o essere scritturati, e lui li riceveva tutti.

I tecnici che oggi sono diventati registi di Rai e Mediaset.  Il medico che gli misurava la pressione prima che entrasse in studio e, poiché era altissima, gli sconsigliava di condurre, ma lui non rinunciava certo alla sua trasmissione.  Tempo ce n’è voluto perché sono più di 40 interviste: tutte piacevoli, alcune di persona e altre al telefono.

Dietro le parole di chi l’ha conosciuto lei cosa ha letto?

Da parte di tutti grande stima e rispetto. Dal primo all’ultimo hanno sottolineato la bontà di Villa, pronto ad aiutare sempre tutti.  Anche rimpianto, e c’è stato chi, come Franchini che era il tecnico audio di Antenna 3, quando l’ho intervistato ha pianto al telefono nel ricordarlo, 50 anni dopo. Però era anche un manager e tosto: ha inventato la tv commerciale abbinando i prodotti ai personaggi dello spettacolo che lavoravano ad Antennatre. Ed è vero, gli piaceva giocare al Casinò, ma non è vero che la televisione nel 1987 fallì per quello, anzi lui vinceva pure tanto e aveva messo 500 milioni di lire di tasca sua  per ripianare i buchi dell’’azienda.

C’è una testimonianza che l’ha colpita di più?

Soprattutto quelle dei collaboratori ad ogni livello e non famosi, perché lo sentivano uno di loro, ed era questa probabilmente la cifra del suo grande successo.

Memo Remigi spiega bene come Renzo Villa piacesse a tutti: non suscitava invidie, perché chi lo vedeva si identificava. Gli spettatori pensavano che se lui, una persona normalissima, cantava e presentava, allora anche loro potevano riuscire nella vita. Questa la sua immagine vincente.Il Bingo, la Bustarella, il Pomofiore. Per dieci anni trasmissioni 5 sere la settimana e per 4-5 ore in diretta, un lavoro immenso e anche una bella palestra per chi ci lavorava….

Infatti tecnici, registi e tanti altri che lavoravano ad Antenna 3 sono poi stati assunti da Canale 5 e dalle altre reti Mediaset. Quando l’emittente fallì molti di loro entrarono in Rai. Registi come Beppe Recchia hanno fatto “Drive in” su Italia 1. Faletti è nato televisivamente ad Antenna 3, così Donatella Rettore e cento altri nomi.

Quando la fondò, Antennatre era all’avanguardia anche dal punto di vista tecnologico, davvero aveva telecamere, microfoni e attrezzatture che facevano invidia alla Rai?. Un bell’impegno economico.

Assolutamente sì. Villa riuscì a trovare soci finanziatori che all’inizio credettero nel suo progetto. Erano 130 soci, soprattutto piccoli imprenditori della provincia milanese, grazie anche al nome di Enzo Tortora che si era prestato a questa avventura e ne era diventato il volto conosciuto fin dalle origini nel 1977.

Ma l’idea veramente geniale fu l’azionariato popolare. Villa vendette le azioni ai telespettatori per 10mila lire; in decine di migliaia le comprarono, poi quando andavano in studio dicevano «…vedi quel microfono, è anche un po’ mio perché ci ho investito 10.000 lire».

Grazie a tutte queste risorse riuscirono ad avere attrezzature all’avanguardia. Telecamere Ampex da 100 milioni di lire l’una, i primi radiomicrofoni senza filo, che la Rai neanche sapeva cosa fossero, ma Villa li aveva. In trasmissione illustrava al pubblico azionista le meraviglie della strumentazione che aveva comprato con i loro soldi, perché per lui era doveroso rendere conto a chi aveva investito.

E i personaggi che scoprì e che poi divennero famosi?

Molti di loro all’epoca non erano nessuno; per esempio, Faletti, Boldi e Teocoli erano ancora di nicchia. Villa li ha fatti diventare famosi.

Altri invece, come Ric e Gian, lo erano già, però volevano sperimentare una televisione non ingessata. In Rai era difficile fare una comicità e sketch con doppi sensi, anche se senza volgarità; mentre invece ad Antenna 3 si, grazie alla libertà che Renzo Villa concedeva agli artisti, che si sono fidati di lui e lo hanno sempre rispettato.

Altri personaggi famosi, come Walter Chiari, già caduto un po’in disgrazia per la sua vita sregolata, sono arrivati ad Antenna 3 che aveva disponibilità finanziarie e pagava alla grande. Villa non ha mai lesinato sui cachet degli artisti.  Ad Ettore Andenna, ex Radio Monte Carlo, conduttore della tv per ragazzi in Rai e uno dei più quotati, offrì il doppio di quanto guadagnava e in due secondi quello gli disse si. Investiva anche più di quello che aveva perché sapeva guardare oltre. Pagava magari senza avere i soldi  subito, e pagava tutti, sempre e  fino all’ultimo quattrino.

Emerge la figura di un uomo con una passione pura, che però non si è mai dato arie….

Vero, non si è mai montato la testa e, soprattutto dopo il fallimento, si è assunto responsabilità che non erano neanche sue. Era un bravo manager e voleva controllare tutto; non per presunzione, ma per fare le cose per bene. Però Antennatre era diventata ormai un carrozzone talmente grande che era impossibile controllarlo; c’è stato anche chi se n’è approfittato e ha fatto dei pasticci.In un’intervista Villa disse che era diventata una botte troppo grande e con troppi buchi per riuscire a tapparla con sole due mani. Però lui ripianò tutti i debiti.

Ma come andarono esattamente le cose all’inizio?

Peppo Sacchi, oggi 91enne, aveva fatto la prima tv, Telebiella.  Nel 73 Renzo Villa, sconosciuto dipendente del comune di Varese, in una pausa pranzo legge un articolo di Enzo Tortora che aveva litigato con la Rai ed esaltava le tv private, festeggiando la fine del monopolio di Stato.  Villa parte e si presenta a Sacchi dicendo che anche lui vorrebbe fare una tv in Lombardia. Evidentemente Sacchi, altro “pazzo” visionario, entra subito in sintonia e gli fa conoscere Enzo Tortora. Così Renzo torna a Varese pensando di aprire una tv via cavo; ricordiamo che era assolutamente vietato trasmettere via etere, solo la Rai poteva. Invece nella normativa vigente c’erano margini di azione per le trasmissioni via cavo.

Dapprima Villa registra due marchi, Telebusto e Televarese cavo, però capisce che non c’è mercato e costa troppo; si dovevano collegare proprio materialmente tutti gli apparecchi alle case con dei cavi. Allora trova l’imprenditore del petrolio di Busto Arsizio, Mancini, che gli da 50 milioni di lire e insieme a Tortora, che accarezza l’idea di sfidare la Rai, fondano la prima tv privata, Tele Alto Milanese via etere, palesemente illegale.

Bell’azzardo e poi?

Per un anno ottiene successi incredibili anche di fatturato, perché era l’unica televisione esistente oltre alla Rai. E nella quale c’erano spogliarelli, i commenti politici al vetriolo di Enzo Tortora e una libertà impensabile nella tv di Stato. Poi viene chiusa dai carabinieri. A dirimere la causa tra Rai e Tele Alto Milanese è un pretore illuminato che dà ragione – incredibile! – alla seconda dicendo che le tv via etere potevano trasmettere seppur in una dimensione locale, senza specificare meglio. E’ stata una rivoluzione. In sintesi sono stati l’azzardo e la visione di Villa a dare il via all’emittenza privata in Italia.

Perché Antenna tre fallì?

Perché Berlusconi, al quale Villa non l’aveva venduta, si organizzò in  in altri modi e iniziò a fondare il suo impero. Poi cambiavano i tempi e i costumi, lo studio 1 da 1200 persone iniziava a restare in parte vuoto e tiravano delle tende per non farlo vedere, a fine anni 80 si stava facendo strada un altro gusto.  Gli investimenti pubblicitari andavano su Canale 5 e non più molto su Antenna 3 che alla fine è fallita.

Villa come assorbì la sconfitta?

Continuando a lavorare e creare. Giunco, l’editore che a fine anni 80 l’ha comprata dal fallimento, intervistato nel libro, era un ammiratore di Renzo Villa e, pur non potendo investirlo di alti incarichi, gli diede un ufficio, più modesto di quello che aveva prima, ma dove lui, il fondatore,  ha continuato a mantenere la sua dignità. Ha inventato e gestito il televideo di Antenna 3, il primo con la pubblicità. Ha creato un sito Internet dei cari estinti in cui si poteva scoprire dov’erano sepolte persone famose, ma anche quelle comuni. Aveva idee stranissime e sempre originali. Fino alla fine lui c’è stato, coadiuvato dalla moglie Wally.

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Cosa non è riuscito a fare?

Consideriamo che dopo il fallimento rimase senza nulla, anche perché dove il curatore fallimentare non era riuscito ad arrivare, lui aveva pagato di tasca sua tutti gli stipendi.

Poi anche giocando in Borsa era riuscito a rifarsi un gruzzoletto, con l’idea di ricomprarsi Antenna 3. La sua idea geniale era creare una grande Casa d’Aste in diretta, tutto il giorno, in cui vendere quadri, mobili e gioielli, con la possibilità di assistere alle trasmissioni in studio ed ottenere così il 30% di sconto.Soprattutto, voleva spedire la merce a casa, con una rete di furgoni attrezzati; una sorta di Amazon ante litteram. Progetto che però non riuscì a coronare perché essendo già molto malato, morì.

Oggi che tutto è cambiato dagli anni 70 , cosa rimane della sua eredità?

Innanzitutto la televisione privata c’è grazie a Renzo Villa. Ha sognato, rischiato, osato e l’ha inventata. Aprì una tv che non poteva fare spalancando la strada a tutte le altre.

Villa è morto prematuramente nel 2010, ma secondo lei se fosse ancora vivo cosa penserebbe della televisione di oggi?

Forse quello che pensa Peppo Sacchi e l’ha detto nel libro. E’ un gran casino, una tv degradata che non fa nulla di nuovo. Ettore Andenna quando vede alcuni programmi commenta con la moglie che ad Antenna 3 certe cose le avevano già fatte 40 anni fa. E lo dicono anche altri intervistati. In qualche modo la loro era un tv anche formativa e didattica, sperimentavano cose nuove, c’era un valore artistico. Era una tv nazional popolare e non di cultura, ma imbattibile nello spettacolo. Oggi manca la spinta propulsiva della tv che in quegli anni era una novità.

Se Renzo Villa fosse ancora vivo e lei potesse intervistarlo, che domande gli farebbe?

Io non l’ho mai conosciuto ma  lo considero il mio modello. Forse gli chiederei dove ha trovato la forza per andare oltre al fallimento del suo sogno iniziale.

A 18 anni faceva la comparsa a Cinecittà e, pur essendo benvoluto da tutti per il suo modo di fare, gli dicevano che era un ragazzo d’oro ma che non era tagliato per il cinema e lo spettacolo. Conobbe i più grandi registi di allora ma non  riuscì a sfondare e se ne tornò a casa da illustre sconosciuto.

E qui ha avuto il coraggio di farsi una tv perché come attore e cantante non lo prendevano da nessun’altra parte. La domanda potrebbe essere: «Chi te l’ha fatto fare? Dove hai trovato la forza e l’entusiasmo dopo che ti avevano stroncato tutti?». La risposta è racchiusa in tutte le pagine il mio libro da cui emerge il personaggio istrionico, genialoide, vulcanico ma molto molto umano. Molto probabilmente mi avrebbe risposto che chi ha un sogno deve coltivarlo e realizzarlo.  E sì, lui ce l’ha fatta.

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