di Patrizia Monzeglio
Avevo visto il film “1917” quando era uscito al cinema nel febbraio del 2020 e l’avevo visto in
sala perché è così, nel silenzio, al buio, davanti ad un enorme schermo che smetti di essere
spettatore e diventi co-protagonista di una storia, di un’esperienza. Il punto di vista che il regista
Sam Mendes (Premio Oscar per American Beauty e campione di botteghino con Skyfall e
Spectre) ha scelto per raccontare questa storia di guerra è quello di due giovani soldati britannici
mandati in missione con un messaggio da recapitare al di là delle trincee tedesche, un messaggio
che può salvare 1.600 uomini destinati a cadere in un’imboscata, un messaggio che deve essere
recapitato entro l’alba del giorno dopo. È il 6 aprile 1917.
La cinepresa non abbandona mai i protagonisti e tu segui a ritmi serrati il loro camminare deciso
nelle trincee affollate, il faticoso strisciare fra i reticolati di filo spinato, il ribrezzo nel cercar rifugio
in pozze d’acqua dove ristagnano nel fango cadaveri abbandonati e ratti, la paura che paralizza
davanti al pericolo, il nemico che senza pietà ti pugnala anche se tu, con un gesto spontaneo e un
residuo di umana compassione, l’avevi appena salvato da morte certa.
Ricordavo tutto questo del film che Rai2 ha riproposto giovedì 6 aprile 2023 (disponibile anche
su Netflix), un film che reputo fra i più riusciti nel rendere l’orrore della guerra perché la fa rivivere
attraverso gli occhi di un giovane catapultato nella più assurda e tragica delle situazioni, minuto
dopo minuto, ora dopo ora, sempre avanti verso l’obiettivo con una caparbia determinazione fatta
più di disperazione e rassegnazione che di eroismo, perché nelle situazioni estreme è così che si
fa, si va avanti e basta, senza pensare.
Rivedere questo bellissimo film a distanza di tre anni però non è la stessa cosa. Nel 2023 i volti
stremati dalla fatica, i rifugi immersi nel fango, le case sventrate e in fiamme sono immagini che
escono dalla finzione cinematografica per sovrapporsi a quelle dei notiziari. Non è più la lontana
guerra dei nostri nonni a scorrere sotto i nostri occhi, ma quella che si combatte da un anno oltre i
nostri confini, una guerra diversa negli armamenti e nelle divise ma identica nell’assurdità delle
ragioni che l’hanno innescata e altrettanto imprevedibile nel decorso e nella durata. È l’eterna
assurdità della guerra che Sam Mendes, con grande maestria, è riuscito a immortalare sullo
schermo, confermando la capacità del grande cinema non solo di fare spettacolo ma anche di
restituirci sprazzi di realtà su cui vale sempre la pena di riflettere.
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