di Massimo Iaretti
Stoccareddo, frazione di Gallio, comune della Provincia di Vicenza nel
territorio dell’Antica Reggenza dei Sette Comuni dell’Altopiano di Asiago
ha ospitato il 6 agosto scorso, dopo tre anni di fermata dovuta
all’emergenza sanitaria, la dodicesima edizione del raduno dei Baù. Qui,
infatti, c’è la culla di questo ceppo familiare che ha conosciuto, come tutto
l’Altopiano la tragedia della Grande Guerra, ha dato il suo tributo di sangue
(se nella piazza del paese si leggono i nomi dei Caduti sul monumento
hanno quasi tutti questo cognome), ha conosciuto l’emigrazione nei cinque
continenti e messo ‘radici’ un poco ovunque. Il bel libro di Amerigo Baù
‘Stoccareddo: il paese dei Baù” edito nel 2007 e ristampato più volte
censisce famiglie con questo cognome in Argentina, Australia (40
famiglie), Brasile (70), Canadà, Stati Uniti (178), Guinea Bissau,
Norveglia, Inghilterra, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Cina, Francia (170),
Germania (435 di ceppo tedesco), Svizzera e Spagna, oltre naturalmente a
786 in Italia delle quali, per rimanere a Piemonte e Liguria, 4 in provincia
di Alessandria, 2 Asti, 26 Biella, 3 Cuneo, 9 Novara, 67 Torino e 4 a
Genova, 4 a Imperia, 2 a Savona.
Ad organizzare è stata la Pro loco Stoccareddo e regista come da 12 anni a
questa parte Amerigo Baù che il sottoscritto aveva conosciuto 2 anni fa in
un breve viaggio alla ricera delle proprie radici in quanto Baù
(orgogliosamente) per parte di mamma. Tutto era partito da una traccia
piuttosto labile: il mio nonno materno, Arturo, nato a Codroipo aveva un
padre che si chiamava Giovanni ed era nato a Sasso di Asiago, a pochissimi
chilometri di distanza. E grazie all’efficienza dell’ufficio anagrafe del
Comune di Asiago ho potuto risalire non solo al bisnonno Giovanni nato ad
Asiago nel 1846 ma anche al trisnonno Giuseppe nato nel 1809. A parte
questi fatti di ricerca personale il dodicesimo Raduno internazionale dei
Baù, vissuto da ‘diversamente Baù’ (ovviamente il mio cognome è quello
paterno) è stata un’esperienza sinora unica nel suo genere.
Domenica 6 i Baù sono stati accolti nella piazzetta al suono della banda
musicale, poi la Messa comunitaria nella chiesa parrocchiale, costruita in
stile gotico-alpino ed inaugurata esattamente 100 anni fa, nel 1923. Va
ricordato, infatti, che tutti i 7 Comuni dell’Altopiano furono campo di
battaglia durissima con gli Austriaci e la Grande Guerra fece scempio di
questi bellissimi territori, non lasciando praticamente niente in piedi. Le
abitazioni vennero ricostruite tra il 1919 per riaccogliere le famiglie al
ritorno dal lungo, e assolutamente non facile periodo del profugato. Nel
luogo di culto il parroco, don Federico Zago ha dato il benvenuto a tutti i
una cerimonia che ha avuto parecchi momenti toccanti. Poi c’è stato il
momento del pranzo, momento che mi resterà impresso per lo scambio
continuo con tante persone che avevano modo di incontrarsi venendo da
lontano, con lo stesso cognome anche se non parenti. Alla tavolata con
Amerigo e i suo famigliari ho parlato con Baù provenienti dalla Francia,
dal Lussemburgo, senza contare naturalmente quelli italiani. In tutto
600/700 persone al desco, la più lontana una Baù che arrivava dalla
Norvegia con cui ho avuto un breve colloquio in inglese.
E’ stata un’esperienza bella, sicuramente da ripetere negli anni a venire
perché tornare sull’Altopiano è una scoperta continua sul piano umano
innanzitutto ma anche paesaggistico per la bellezza dei luoghi e della
natura che li circonda.
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