Dall’Urss alla Russia, da Pontida al Metropol il calvario mediatico di Gianluca Savoini

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di Massimo Iaretti

Gianluca Savoini è entrato qualche anno orsono nel tritacarne mediatico del ‘caso Metropol’ che diede anche vita ad un’indagine giudiziaria terminata il 27 aprile 2023 con l’archiviazione richiesta dallo stesso pubblico ministero per la non sussistenza di alcuna ipotesi di reato. Di questa vicenda, dell’attuale situazione geopolitica, della Lega, ne parla in un libro edto per Sign Books Edizioni ‘da Pontida al Metropol. La lunga guerra internazionale dei poteri forti contro la Lega’. Lo abbiamo intervistato recentemente, dopo una presentazione avvenuta al Golf Club di Garlenda in Provincia di Savona.

Savoini qual è l’argomento del libro. E’ soltanto un ripercorrere la vicenda del Metropol ?

Il libro ha il titolo centrato su questo tema ma riguarda 30 anni nella Lega, sulla politica estera e non è rivolto soltanto a chi sostiene la Lega ma a tutti i non politici, i non politically correct, a chi vuole essere da alternativa ad un sistema globalizzato che passa da un mondo unipolare a multipolare. Ripercorre la mia esperienza con la Lega e la sua chiusura con l’affare Metropol, una montatura mediatica gigantesca, non soltanto italiana.

Questo vicenda ha avuto ripercussioni personali ?

Certamente e non soltanto a livello economico. L’accusa di corruzione internazionale era realmente pesante. Dal punto di vista umano essere definito da ‘cosiddetti colleghi’ senza uno straccio di prova con epiteti come ‘tangentista’, ‘ delinquente’, ‘spia di Putin’ non è stato facile. L’impatto è stato quasi nullo dal punto di vista lavorativo, ma su quello della vita sociale si è fatto sentire. Ho passato un inferno che non auguro a nessuno, ma nonostante il lavaggio del cervello non sono riusciti a vincere, grazie all’affetto di famigliari, amici, gente comune che mi ha circondato.

Cosa è cambiato nel suo rapporto con la Lega e Matteo Salvini ?

Sono in Lega dal 1991, non faccio più politica attiva. Salvini lo sento. I rapporti con la Russia si sono interrotti nel 2019. Tuttoggi c’è una guerra in corso. A questo proposito mi consenta un pensiero: per il conflitto con l’Ucraina non si dice mai cerchiamo una soluzione, è vitato parlarne.

Come è nato il suo rapporto con la Russia e la sua cultura ?

Veramente il mio incontro avvenne con l’Urss l’allora Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche negli anni Ottanta. Andai come giornalista del Corriere Mercantile con una delegazione di piccoli imprenditori del Ponente Ligure, in un momento in cui il sistema sovietico stava iniziando a scricchiolare poco prima dell’avvento di Gorbaciov.

Da ragazzo ero un militante anti comunista e l’Urss, in un mondo bipolare, era il male assoluto. A Mosca però mi accorsi che non era così: vidi chiese aperte, piene di gente che pregavano con molti giovani, in una biblioteca molto grande, oltre ai libri in cirillico costatai che c’erano testi di scrittori, poeti, filosofi europei e americani. Vidi i testi di Herman Hesse e di Spengler e Nietzche, per citarne alcuni e quelli che parlavano del loro interesse della geopolitica.

Sulla base di tutto questo che convinzione ne ha tratto ?

La Russia non è un Paese simile al nostro ma sempre più simile a noi che gli Stati Uniti, per pittura, musica, letteratura. Ed è un Paese che è sempre stato aggredito dagli Europei e non è mai stato vinto.

Cosa l’ha spinto a scrivere questo libro ?

“E’ stato un dovere per me stesso, anche perché ci sono persone che pontificano nei dibattiti e sono sempre gli stessi che dicono sempre le stesse cose, senza sapere niente della Russia e della Lega Nord”.

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