Blu Savoia e Azzurro Italia, breve storia della maglia della Nazionale Italiana

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di Guido Michelone

In questi giorni si sono giocate alcune partite della Nations League, nuovo torneo europeo giunto alla
terza edizione e utilissimo per decidere le teste di serie per i gironi del prossimo Mondiale che sai terrà nel 202 L’Italia nell’ostico girone con Francia, Belgio, Israele, si presenta con la consueta divisa azzurra
(oppure bianca se gli avversari hanno gli stessi colori) ma di stagione in stagione cambiano dettagli e
sfumature delle tinte di maglia-pantaloncini-calzettoni, ragion per cui occorre analizzare subito alcuni significativi cambiamenti nelle divise calcistiche della nazionale fin dalle origini, cominciando però con la tipologia coloristica e con i motivi della scelta. Anzitutto il colore ufficiale azzurro è nello specifico inerente alla gradazione denominata ‘azzurro Savoia’ o ‘blu Savoia’ avente una saturazione cromatica compresa fra il blu pavone e il pervinca (più chiaro del blu pavone).
Sulla scelta del colore, in occasione del terzo incontro ufficiale dell’Italia contro i rossi Ungheresi che a
Milano il 6 gennaio 1911 vincono 0-1 si fanno diverse ipotesi: la prima concerne l’influenza delle maglie
della nazionale francese (realtà bleu, cioè blu, non l’azzurro); la seconda, più artistica e romanticheggiante
attiene alle meravigliose sfumature dei mari (e del cielo) italiani; la terza ricade sulla pura casualità:
un’alternativa al bianco a causa della forte nevicata del mattino, nonché del clima nebbioso esistente a
Milano. In realtà, le fonti storiche parlano di un tributo, come già detto, a Casa Savoia, il colore del casato
fin dal 1360, desunto dalla tinta del manto di Maria Vergine ( nell’iconografia tradizionale appunto di colore azzurro) a cui la casata è devota.
La prima divisa della nazionale, quella cosiddetta casalinga, risulta, come già più volte detto,
tradizionalmente composta da maglia azzurra (con scudetto), pantaloncini bianchi (uniformi), calzettoni
azzurri (con qualche righina). La maglietta è della tinta denominata ‘azzurro’ ininterrottamente dal 1911,
salvo qualche periodo in cui questo il colore tende più al chiaro (celeste) o allo scuro (blu). I pantaloncini
bianchi, negli ultimi trent’anni, vengono talvolta cambiati nello stesso azzurro di maglia e calze, dunque
azzurro a formare una divisa a tinta unita, mentre nel passato si usano talvolta anche neri o marroni; i
calzettoni diventa sono azzurri dal 1960, mentre in precedenza risultano neri con bordo azzurro.
La seconda divisa, da trasferta, è formata da maglia e calze di colore bianco con richiami all’azzurro,
mentre i boxer possono risulta via via, nel corso degli anni, bianchi, azzurri o neri. L’Italia in totale completo azzurro – scelta cromatica talvolta obbligatoria stando alle nuove regole universali – che vietano più di tre colori in campo negli incontri ufficiali – è sempre più impiegata in questo XXI secolo anche se
saltuariamente vista già nel recente passato. Il 1954 è l’anno in cui venne indossata una terza divisa,
alternativo all’azzurro e al bianco: il 5 dicembre di quell’anno, l’Italia ospita un’amichevole contro
l’Argentina indossando un’inedita maglia verde scuro, su cui è mantenuto lo stesso stemma usato in quel
periodo. I pantaloncini rimasero bianchi, mentre i calzettoni furono neri bordati di verde. Per i
cinquant’anni che seguono quell’evento, la nazionale non opta per altre scelter cromatiche, benché qualche giornalista proponga il rosso, almeno fino al 2004 quando, per un’amichevole a Reykjavík con l’Islanda del 17 agosto, l’Italia scende in campo con un’inedita divisa blu scuro; solo nel 2019 si torna a una terza divisa, rispolverando nell’occasione il succitato verde per un match contro la Grecia
Per quanto riguarda le ditta che producono le maglie nulla si sa nel lungo iniziale periodo che va dal
1910 al 1946 tranne per il quindicennio 1928-1943 quando le divise sono opera dei celebri Marchi
Cristofari.Dal 1947 al 1959 è l’Italosport a occuparsene cambiando spesso tonalità di azzurro, poi tocca a
Viralfa (1960-1961) e Fedeli (1962) occuparsene: da allora per un dodicennio (1962-1974) c’è un altro
‘vuoto’ autoriale, dove l’anonimato è per così dire sconfitto solo nel 1966 (Marango Sport) e nel triennio
1970-1973 (Landoni). Inizia quindi di l’attuale periodo di sponsor con le grandi multinazionali
dell’abbigliamento sportivo dall’andamento svariate, ovvero con ditte che firmano contratto per solo un
anno a quello che prolungano per lustri; e l’elenco è lunghissimo avendo dal 1978 al 2024 Adidas (un anno), Baila (uno), Le Coq Sportif (cinque), Ennerre (uno), Diadora (dieci), Nike (tre), Kappa (tre), Puma
(diciannove) e ancora di recente Adidas (al momento due). Le varietà di azzurro riscontrabili sono
addirittura trentatré mentre le differenze tra le fogge e i dettagli molte di più: ad esempio i bordi di collett, òe maniche dagli anni Ottanta diventano via via tricolori, dorate, blu scuro oppure biancoverdi e biancorosse ai due lati: occorrerebbe forse un libro intero per discutere ogni particolare, anche dal punto di vista delle tecnologie dei tessuti, per non parlare delle casacche dei portieri che dal nero iniziale al grigio e all’argent del secondo Novecento assumono oggi i colori più strani e sgargianti, senza alcun nesso con la storia o conla bandiera. Resterebbe da ricordare quanto spicca sul petto dei calciatori: si tratta dello stemma dapprima sabaudo (rossocrociato) dal 1911 al 1945, a cui s’affianca il fascio littorio tra il 1927 e il 1943, mentre dopo un breve interregno (1946) senza nulla, si passa dal 1947 al celebre scudetto tricolore – che purtroppo tra il 1984 e il 1998 assume assurde forme rotonde e poi quadrate) che dal 1983 si fregia di tre stelle dorate equivalenti al numero di Mondiali vinti nelle mitiche edizioni 1934, 1938, 1982 e 2006, quando goleador si chiamavano rispettivamente Meazza, Piola, Rossi e Materazzi.

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