di Sinigaglia
«Bagliori nella notte». La Seconda guerra mondiale e gli internazionalisti del “Terzo Fronte”.
Movimento Reale, Roma 2023.
Questo imponente lavoro – due volumi per un totale di oltre mille pagine –, curato dal Circolo internazionalista “coalizione operaia” di Roma (che ha aggiunto, tra gli altri apporti, un’importante postfazione, utilissima all’inquadramento teorico, anche alla luce degli sviluppi internazionali odierni, delle vicende trattate), affronta un capitolo storico e un’esperienza politica tantoimportanti quanto in genere sottaciuti. Sulla scorta del piano di un’opera, mai portata a compimento, pensata da Arturo Peregalli (storico imprescindibile delle minoranze rivoluzionarie che si batterono per sottrarre l’orizzonte del comunismo alla feroce deformazione stalinista), nel primo volume si ricostruiscono le parabole di quelle formazioni che, di fronte al secondo conflitto mondiale, continuarono a rivendicare il principio internazionalista e la strategia leniniana della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria. Nel secondo volume è proposta un’antologia degli scritti elaborati da questo
mondo. Riassumere infatti come semplice aggregato di sigle e periodici questa esperienza che, sebbene nelle condizioni assai difficili e pericolose di estreme minoranze, ebbe un respiro autenticamente internazionale, sarebbe gravemente riduttivo. Fu un mondo certamente piccolo, soprattutto se paragonato all’enormità del mondo che si trovava contro: l’insieme dell’imperialismo
globale, le potenze dell’Asse, gli Alleati, i capitalismi democratici e quelli totalitari, contrapposti armi in pugno nella spartizione del mercato mondiale ma uniti in maniera formidabile e terribile contro chiunque cercasse di contestare, dal punto di vista della difesa delle classi subalterne, l’imperativo dell’intruppamento nel conflitto imperialista. Fu certo un piccolo mondo attraversato da differenze e divergenze. Ma fu vitale, unito da relazioni e riflessioni, accomunato dalla sfida di resistere
ad una spietata repressione su ogni fronte. Un piccolo mondo dalle matrici eterogenee – internazionalisti tedeschi e austriaci, belgi, olandesi, francesi e greci, esponenti della Sinistra comunista italiana (definiti in genere e approssimativamente come “bordighisti”), trotskisti spagnoli e cinesi in rotta con la persistente subalternità della propria area politica di provenienza nei confronti dell’Urss quale “Stato operaio degenerato” – ma saldamente unito dalla coscienza della necessità di affermare la coerenza dell’internazionalismo proletario e le istanze di un mutamento sociale rivoluzionario di fronte ai dogmi di una mobilitazione bellica che, ora in nome della prioritaria contrapposizione alla forma fascista dell’ordinamento capitalistico ora in ossequio alle false promesse di superamento delle contraddizioni capitalistiche da parte dei regimi nazi-fascisti, pretendeva di negare o sospendere la lotta di classe. La scelta di appartenere a questo piccolo mondo comportò costi e sacrifici amari e dolorosi, come è nel destino, in ogni tempo, delle esperienze autenticamente rivoluzionarie. Non di rado l’impegno per
riaffermare una politica di classe di fronte agli schieramenti di uno o dell’altro dei blocchi imperialisti in guerra, per impedire che le organizzazioni nate dalla lotta della classe operaia finissero sottomesse agli interessi di questi blocchi, comportò il sacrificio della vita. Ciò valse, tra gli altri, per Henk Sneevliet, dirigente del movimento operaio olandese, militante comunista e contro il colonialismo olandese che, arrestato dalle autorità naziste di occupazione, nel 1942 andrà incontro al plotone di esecuzione cantando “L’Internazionale”. Come avvenne nel caso di Mario Acquaviva, militante comunista fin dal 1921, alla
guida della federazione astigiana del Partito Comunista d’Italia, perseguitato dal fascismo e infine, per la sua attività in contrapposizione alla direzione assunta dal PCI, assassinato nel 1945 a Casale Monferrato da un sicario con modalità tipiche della prassi stalinista.
Le eliminazioni fisiche furono il culmine di un’azione repressiva, di un’opera di marginalizzazione che spesso pose questi militanti di fronte al difficile compito di proseguire nella propria battaglia politica in una condizione di angosciante, verrebbe da dire talvolta persino disumano, isolamento. Talvolta anche negli ambiti sociali di riferimento e appartenenza. Lo scrittore Jean Malaquais, notevole espressione letteraria di questo irriducibile piccolo mondo di rivoluzionari, ha lasciato, in quella che è una delle sue opere maggiori (“Pianeta senza visto”), una sintetica, potente descrizione della sensazione di desolante riflusso, di sconfortante abbandono provata da questi militanti di classe all’interno della propria classe: «Nel 1927 migliaia di operai hanno invaso le strade per protestare contro l’esecuzione di Sacco e Vanzetti. Dieci anni dopo, quelle stesse masse restavano sorde e cieche quando Stalin sterminava i più nobili artefici della Rivoluzione».
Eppure questo piccolo mondo visse, resistette e sopravvisse, lasciando un’inestimabile lezione a chi successivamente ha scelto di proseguire nell’impegno politico, nella critica marxista alla società capitalista. Questo piccolo mondo ha dimostrato il proprio diritto all’esistenza e alla resistenza di fronte a quella Storia che per esso è sempre, in definitiva, storia di lotte di classi.
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