Il Piemontese non è una lingua morta, l’esempio di Giancarlo e Simone a Cerrina Monferrato

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di Massimo Iaretti

Alla faccia di chi dice che il piemontese è una lingua morta ! A Cerrina ‘La
Macelleria di Gian e Simo’ di via Nazionale da qualche tempo indica i
nomi delle carni proprio in lingua piemontese. “L’idea deriva dal fatto che
la vicina Scuola del Bosco ha portato persone di nazionalità inglese,
francese, tedesca, anche un australiano – dice Simone Brusa, titolare
dell’esercizio con Giancarlo Gonella – e pensavamo per facilitarli di
mettere le descrizioni in inglese. Poi ci siamo chiesti ma perché non
metterle in piemontese, siamo in Valcerrina”.

Così, grazie alla collaborazione di Valeria Calvo, docente con tesi di laurea dal francese in
piemontese, che li ha tradotti in vernacolo, sono stati apposti i cartellini con
l’indicazione dei vari tagli. Il tutto è apprezzato dai clienti che “ormai –
dice ancora Brusa – dopo aver letto, fanno le loro richieste in piemontese”.
E a loro si associano gli anziani perché possono parlare liberamente “si
sentono a casa loro, non si sentono spaesati”. E l’esempio di questo
esercizio potrebbe essere davvero un esperimento pilota per un recupero
‘attivo’ della lingua piemontese che si è andata via via perdendo,
soprattutto nelle generazioni più giovani, molto più che in altri ambiti
regionali. Del resto Brusa, non è un caso, è anche consigliere comunale a
Villamiroglio che è stato il primo comune a chiedere l’istituzione nel 2020
di una Giornata della lingua e della letteratura piemontese analogamente al
DanteDì per la lingua e letteratura italiana

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