VISTI O RIVISTI PER VOI – LE ASSAGGIATRICI, uno sguardo particolare sulla guerra

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Nelle guerre i vissuti individuali possono avere molte cose in comune, la fame, il freddo, la paura,  ma, come insegna Tolstoj “ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo”, citazione un po’ abusata che ci permette però di cogliere l’essenza dell’ultimo film di Silvio Soldini “Le assaggiatrici” e del romanzo omonimo di Rosella Pastorino (Premio Campiello 2018, pubblicato in 46 paesi).

L’infelicità di Anna Karenina è ben nota, quella dell’assaggiatrice Rosa Sauer la scopriamo grazie al libro e al film di due italiani che hanno fatto conoscere al grande pubblico una storia rimasta nascosta fino al 2013, quando Margot Wölk a 95 anni rilasciò un’intervista a Der Spiegel raccontando la sua esperienza

I produttori hanno impiegato sei anni per realizzare la pellicola, superando di volta in volta gli ostacoli della pandemia, dell’iniziale mancato inserimento del film nell’elenco di quelli a interesse nazionale da parte del Ministero della Cultura (come accaduto a C’è ancora domani) e della guerra russo-ucraina che ha costretto il regista a un cambio di location, obbligandolo a spostare le riprese in Alto Adige e in Belgio.

Il passaggio da libro a film vuol dire dare credibilità alla storia anche attraverso le immagini,  costruire il coinvolgimento emotivo dello spettatore per mezzo di luci e colori.  Così, per girare il suo primo film d’epoca, Silvio Soldini ha svolto un lavoro meticoloso partendo da foto scattate in Germania negli anni ‘40, comprese quelle a colori con pellicola Agfa, dominanti magenta e blu, e ha ricreato sullo schermo «un mondo grigio-azzurro, come le divise dei soldati, quasi senza altri colori», un cupo universo limitato a una sala da pranzo, un cortile, l’interno di case di campagna, un fienile.

In questo microcosmo si muove Rosa, giovane donna che si rifugia a casa dei suoceri nella Prussia orientale in un piccolo borgo non lontano dal quartier generale di Hitler, la Tana del Lupo. Rosa insieme ad altre donne viene obbligata a recarsi ogni giorno alla caserma delle SS per assaggiare i piatti che verrano serviti al Führer, che teme di essere avvelenato, ogni giorno a pranzo e a cena, trasformata contro la sua volontà in cavia umana, chiamata a servire la Patria mettendo a repentaglio la propria vita.

Soldini, con delicatezza e sensibilità, sceglie di raccontare la guerra da un’angolatura tutta femminile, lontano dai campi di battaglia e dai bombardamenti, intorno a un tavolo lugubremente imbandito che diventa teatro di paure e sopraffazioni, di tradimenti e slanci solidali, di segreti e ambiguità. L’istinto di sopravvivenza e il bisogno di sentirsi viva spingono Sara ad adattarsi alla situazione, salvo poi ribellarsi mentre la convinzione in una vittoria della grande Germania si tramuta a poco a poco in disincanto.

Un film rigoroso, di buona fattura e respiro internazionale, che scivola forse nel finale un po’ troppo di maniera ma un film che, sui riflessi della guerra, ha qualcosa di nuovo da dire.

Il tragico epilogo della storia vera lo si può conoscere nell’approfondimento di Maria Antonella Pratali “Nella tana del lupo, a un boccone dalla morte” (https://italiasara.it/2025/03/30/cinemitalia-approfondimenti-nella-tana-del-lupo-a-un-boccone-dalla-morte/).

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