Visti o Rivisti per voi: ‘Perfect days’, il film di Wenders tutto giapponese

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di Patrizia Monzeglio

Curioso che un paese come il Giappone decida di concorrere agli Oscar con un film realizzato da
un regista tedesco, Wim Wenders. È quanto accade nelle nomination 2024 per “Perfect Days”,
opera osannata dalla critica e apprezzata anche da molti spettatori.
Un film che definiremmo “particolare” perché lungo l’arco delle due ore in cui si sviluppa il racconto
non accadono eventi di rilievo. La storia descrive le giornate sempre uguali di un maturo
giapponese che conduce un’esistenza essenziale e routinaria, stessi gesti, stessi luoghi, stesse
persone. Un uomo silenzioso che ha fatto una scelta minimalista, cerca la perfezione nel suo umile
lavoro e prova piacere dando peso alle piccole cose. Il suo rifugio è una casa minuscola e
disadorna, ascolta in auto vecchie cassette di musica, passa la sera a leggere libri. Il regista
tedesco, che ha firmato la sceneggiatura con il giapponese Takuma Takasaki, inquadra i gesti
sempre uguali dell’uomo da angolazioni diverse per mettere in risalto i particolari che vanno a
comporre il quadro del suo quotidiano.
Ma la perfezione non può che essere un obiettivo a tendere e quindi anche nei “Perfect days” di
Hirayama irrompe la realtà che fa vacillare il fragile equilibrio costruito sull’isolamento dal mondo. Il
giovane collega e la sua fidanzata, la nipote, la sorella, l’uomo malato, sono figure che spezzano la
quotidianità e portano con sé le difficoltà e le sofferenze dell’esistenza da cui il protagonista cerca
di difendersi.
Il film si richiama al gusto tutto giapponese di trovare il benessere psicofisico in attività che a noi
sembrano bizzarre e inconsistenti come l’ “Hanami” (ammirare i fiori di ciliegio), l’ “Ikebana”
(comporre i fiori recisi), il “Kintsugi”, l’arte di riparare gli oggetti rotti con polvere d’oro per
accentuarne la bellezza. Hirayama cerca bellezza e benessere attraverso il “Komorebi”, fotografa i
raggi del sole che filtrano tra le foglie degli alberi perché, secondo la tradizione, sono il simbolo
della luce che bisogna saper cogliere anche nei momenti più bui, una piccola luce in lotta con le
ombre che può dar conforto e senso al nostro vivere.
“Perfect Days” può lasciare perplessi o indifferenti se lo si guarda rimanendo sempre in attesa che
succeda qualcosa. Per alcuni è solo un film noioso. Altri ne hanno apprezzato il significato sotteso
ma lo sentono lontano dal modo di pensare occidentale che cerca il senso della vita nel continuo
raggiungimento di traguardi e nella condivisione con gli altri. Ma chi è entusiasta di “Perfect Days”
sa che questo film rimane dentro perché coglie sentimenti che proviamo, perché ci porta a
riflettere. Il turbinio di emozioni che attraversa il volto del protagonista, ripreso in primo piano al
termine della storia, è lo specchio della vita umana.
Come dice qualcuno, il film descrive cose “ affascinanti e lontane dal nostro vissuto ma non dal
nostro sentire”.

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