di Sinigaglia
È per molte ragioni che ‘Amburgo sulle barricate. 1923 – La tragica conclusione di una fase rivoluzionaria.’ di Larisa Rejsner, Movimento Reale, Roma 2023 risulta estremamente interessante. Tra le altre, è perché ci offre unalettura a cui oggi siamo sempre più disabituati. In un panorama culturale e politico – sicuramente quello italiano – in cui alla ricerca di uno stile e di una scrittura memorabili, alla ansiosa costruzione di un profilo autoriale, se non addirittura al ricorso alla formula furba e sensazionalistica, si accompagna spessouna desolante superficialità, una incapacità di andare davvero alle radici dei problemi, dei drammicollettivi, delle contraddizioni dei nostri tempi, un’opera come questa appare come un’utile, preziosa,vivissima espressione di inattualità. È un reportage scritto in maniera meravigliosa. È una ricostruzione diun momento della drammatica esistenza della società tedesca del primo dopoguerra che si impernia sullagrande città portuale di Amburgo, ritratta con pennellate vivide e cariche di umanità, con grazie materica,nei suoi cantieri, nelle sue taverne popolari, nelle sue fabbriche, nei suoi scali ferroviari, nei suoi quartieri operai. Con lo stesso, coerente impasto di eleganza letteraria e di condivisione umana, sono intagliate lefigure che animano la scena di questa sollevazione proletaria che attraversò l’antica città anseatica.
La bellezza, la tensione della scrittura è profondamente integrata all’esigenza di andare a fondo delle ragioni, delle condizioni sociali che premono sotto lo strato superficiale della vita economica e politica collettiva eche alimentano gli scontri, le rivendicazioni, le paure di declassamento e le speranze di emancipazione di classe della Germania del 1923.
I fatti di Amburgo – il moto insurrezionale e la sua repressione che segnò la fine di quello che a molti
apparve il possibile “Ottobre tedesco” – sono parte, e parte centrale, di uno spazio e di un momento
storico di immensa importanza. La Germania, uscita in ginocchio dal primo conflitto mondiale, alle prese
con la difficile reinvenzione della propria fisionomia politica, stretta tra radicate preoccupazioni di tutela
democratica della continuità dell’ordine capitalistico, spinte alla trasformazione rivoluzionaria dei rapporti
di classe e aggressive soluzioni reazionarie, accorpava e univa in sé molteplici identità e significati storici.
È il gigante ferito, con le truppe franco-belghe che occupano la regione industriale e mineraria della Ruhr
e le banconote, all’apice dell’inflazione, stampate solo su un lato. È la classe operaia ridotta letteralmente
alla denutrizione. È la borghesia spaventata ma accanitamente protesa a difendere il proprio ruolo sociale
e a conferire nuovo slancio alle risorse e alla competitività di un capitalismo tedesco provato ma non
annichilito. Una borghesia che si muove, con sapienza di classe dominante, tra compromessi sostanziali
nascosti da roboanti propositi patriottici, progetti di riforma nella continuità di quello che rimane in
definitiva il proprio Stato e aperture di credito alle spinte revansciste, putsch e Freikorps, soprattutto se
possono costituire un’alternativa, dalla fascinazione “sociale” e dalla reale funzione repressiva, rispetto
all’ascesa di un movimento operaio in fase di radicalizzazione. È la Germania repubblicana, cattolica e
liberale, della socialdemocrazia al potere, colta con formidabile precisione di giudizio politico: «una
repubblica borghese vile e dissennata che ha abbattuto e prosciugato gli operai di Germania sotto la
copertura di frasi rivoluzionarie annacquate e svirilizzate». È la Germania del Partito comunista tedesco
(KPD) e delle Centurie Proletarie, organizzazioni di autodifesa operaia, un universo di politicizzazione
della classe lavoratrice tedesca alle prese con i compiti enormi di un’elaborazione strategica e con i
connessi problemi di una capacità di formazione di una direzione all’altezza dei tempi, delle loro lotte,
delle loro apparenze e della loro realtà. Questo universo è collegato alle dinamiche di un’Unione Sovietica
su cui sempre più sta calando il tramonto della fase rivoluzionaria e sempre più nitidi appaiono i tratti
politici di quella che si dispiegherà pienamente come la controrivoluzione stalinista. La Germania è uno
snodo cruciale negli sviluppi internazionali. È un fondamentale crocevia di tensioni e trasformazioni. In
questo convulso intreccio si apre il cruento palcoscenico su cui si agitano e si scontrano le varie proposte
di soluzione alla crisi, dietro di esse pulsano, attraverso i travestimenti ideologici, le false coscienze e le
autorappresentazioni, gli interessi di classe, le componenti e le forze in cui si scinde e si dibatte la società
tedesca. Lo scritto di Larisa Rejsner si concentra su una di queste proposte di uscita dalla crisi, quella
proletaria e rivoluzionaria. Lo fa perché dietro il nome di questa autrice – oggi in genere consegnato
all’oblio – c’è la storia, la breve vita, l’intelligenza di una valorosa figura di rivoluzionaria. Larisa
Rejsner, nata nel Regno di Polonia da una famiglia di alto livello culturale, influenzata dall’ambiente
tedesco e aperta alle idee socialiste, entrò in contatto con le organizzazioni operaie russe e si unì alla
rivoluzione del 1917, partecipando quindi in prima fila, e con incarichi di comando nella flotta rossa, alla
guerra civile. Inviata successivamente in Germania, raccolse dati e testimonianze di prima mano sulla
parabola dell’insurrezione operaia di Amburgo. Attenta e appassionata studiosa della condizione operaia,
morì di tifo a Mosca nel 1926, poco più che trentenne. Indicativi dell’autenticità della sua prosa di
militante rivoluzionaria appaiono i destini dei suoi scritti. “Amburgo sulle barricate” venne dato alle
fiamme nella Germania ormai decisamente in marcia verso la soluzione reazionaria alla propria crisi
sociale, mentre la sua testimonianza della guerra civile verrà pubblicata in Unione Sovietica in forma
censurata.
Il testo di Larisa Rejsner è introdotto da una corposa riflessione con cui i curatori dell’opera, attraverso
una rigorosa chiave di lettura marxista, affrontano alcuni dei maggiori nodi teorici e politici emersi nel
1923 tedesco. La ricca appendice offre una molteplicità di contributi intorno a questi nodi e ad altri aspetti legati all’esperienza della sollevazione di Amburgo e più in generale alla lotta sociale e politica dellaGermania del primo dopoguerra. Alcuni di questi autori sono nomi importanti di una generazione che, conpercorsi differenti, si formò e maturò il proprio profilo politico nel terribile crogiolo della Grande Guerra e nelle fasi di intensa conflittualità sociale che seguirono, da Paul Frölich ad Amadeo Bordiga ed Emilio Lussu.
Il corso storico riserva svolte e sviluppi che possono apparire paradossali alle letture semplicistiche, alle
vulgate ideologiche che si pretendono definitive. Nell’Europa di qualche decennio fa, un’opera come
quella di Larisa Rejsner sarebbe potuta apparire solo come il documento di un’epoca definitivamente
archiviata, al limite una struggente testimonianza di tensioni e passioni ormai mute rispetto al presente.
Era quello il presente della fine della Storia all’insegna dei trionfi, del crescente benessere globale di un
capitalismo democratico e globalizzato senza più nemici (il crollo del falso comunismo sovietico era una
perentoria patente di eternità senza possibili alternative per il capitalismo del “mondo libero”), senza più
quelle contraddizioni radicali che avevano portato a crisi, ondate nazionalistiche, guerre. Oggi lo scenario
dell’Europa è molto diverso, le illusioni della fine della Storia, delle crisi, dei ripiegamenti nazionalisti,
della guerra sul suolo del mercato finalmente liberato giacciono a pezzi, anche nella Germania cuore di
quella che avrebbe dovuto essere l’Europa unita nella pace e nella crescita economica. E un libro come
quello di Larisa Rejsner torna a parlarci. In realtà, non ha mai smesso.
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