Nazionalbolscevismo ovvero quando gli estremi si toccano in un interessante libro

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Tempo di lettura:1 Minuti, 47 Secondi

di Massimo Iaretti

Nazionalsocialismo e Bolscevismo sono, a prima vista, due termini assolutamente inconciliabili. Eppure queste due correnti di pensiero politico, entrambe tra le maggiori cause dei disastri del ‘Secolo breve’ hanno una sintesi nel ‘Nazionalbolscevismo’, che non è soltanto una ‘scoperta’ dell’ultima ora, un’alleanza tra destra e sinistra perlopiù estreme, tra post-nazisti e post-comunisti o loro evoluzioni nell’Europa Occidentale o Orientale che sia, una filosofia che nutre, tra le altre, il fenomeno nazionalpopulista attuale.

Un punto fermo sull’argomento lo mette ‘Nazionalbolscevismo – Piccola storia del rossobrunismo in Europa’ edito per i tipi di Shake Edizioni e frutto del lavoro di David Bernardini, dottore di ricerca in Storia dell’Europa e già autore di uno studio sul movimento nazionalbolscevico nella Repubblica di Wemar (Biblion, 2017).

Prorio sulle ceneri dell’Impero Tedesco, nella Repubblica nata con la spada di Damocle della ‘pugnalata alla schiena’ (vera e propria fake news che fece da alibi per la decisione dell’Alto Comando Tedesco di non continuare la guerra, uscendo così immacolato dalla sconfitta) trovò radice questo movimento ad opera di comunisti ‘eretici’, rivoluzionari conservatori e qualche russo bianco, avendo tra i suoi nomi di punta Ernst Niekisch, Ernst Junger, Karl Otto Paetel, trovando poi sostenitori in Belgio, Francia, Italia. Un ritorno di fiamma si è avuto nella russa post-comunista quando venne fondato ad opera di Eduard Limonov ed Alexander Dugin il Partito Nazional Bolscevico, connubio di patriottismo socialista sovietico e post-fascismo, messo fuorilegge nel 2007.

Bernadini divide l’opera, breve e di agile lettura e ricca di riferimenti bibliografici, in due parti nella prima si sofferma sulle esperienze di Limonov e dei nazionalbolscevichi russi, sul belga Thiriart, sull’esperienza italiana di Lotta di Popolo, sui casi francesi e tedeschi.

Nella seconda invece si sofferma sulle esperienze nate durante il periodo di Weimar e poi terminate con l’avvento hitleriano al potere.

Nelle conclusioni Bernardini, dismettendo per un attimo di panni dello studioso rigoroso, evidenzia che ‘la sfida è rifiutare la trappola identitaria per affrontare le nuove intemperie con la prua saldamente rivolta verso la ricerca della libertà

Per contatti: commerciale@shake.it

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