Visti o Rivisti per voi: “Volevo nascondermi”: Antonio Ligabue, il valore salvifico dell’arte

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Tempo di lettura:2 Minuti, 17 Secondi

di Patrizia Monzeglio

Le prime scene mostrano una persona che si nasconde sotto uno scialle scuro, sullo schermo si
alternano l’occhio inquieto che spunta dal manto e la soggettiva di chi scruta un ambulatorio
medico attraverso quel piccolo spiraglio. Giorgio Diritti, regista del film “Volevo nascondermi”, ci
introduce nella vita di Antonio Ligabue comunicando fin da subito l’intenzione di usare una doppia
prospettiva: quella del mondo che osserva dall’esterno e giudica l’individuo e il punto di vista di chi
viene osservato. «Era un emarginato e questo ha mosso in me un sentimento di curiosità anche
affettiva (…) – dichiara il regista – Le vicende di Ligabue dimostrano che in ogni persona c’è una
potenzialità, che non riguarda solo l’aspetto della dignità, ma un valore che ha bisogno di trovare la
luce». Il film ha il rigore e il realismo che Giorgio Diritti già aveva mostrato in precedenti pellicole,
una su tutti “L’uomo che verrà” (David di Donatello 2010) che rievoca la strage di Marzabotto. Uno
stile di regia che fa di “Volevo nascondermi” un film impegnativo, con uso dei sottotitoli per
accompagnare i dialoghi in lingua tedesca e in dialetto emiliano, i due linguaggi che Ligabue
incontrò nella sua esistenza (un’infanzia vissuta in Svizzera e il resto della vita in Italia nel paese di
origine del patrigno). Ma è proprio questo staccarsi dai canoni commerciali a rendere l’opera
interessante, a farci meglio comprendere il dramma di un uomo che soffre, che viene emarginato
per la sua malattia mentale e che riesce a trovare una forma di riscatto attraverso l’arte. Saranno la
sua energia e caparbietà a far emergere una creatività che diventa terapia e mezzo di accettazione
sociale.
La pellicola ha ottenuto il riconoscimento della critica vincendo sette premi ai David di Donatello,
due premi agli European Film Awards e il Nastro d’Argento come miglior film. A Elio Germano, per
la sua eccezionale interpretazione, è stato anche assegnato l’Orso d’Argento come miglior attore
al Festival di Berlino. Poche volte capita di vedere una performance in cui l’attore riesce a sparire
dallo schermo per lasciare posto unicamente al suo personaggio. Elio Germano lo fa parlando e
muovendosi come Ligabue, riuscendo a trasmettere con lo sguardo le sue angosce, rabbie,
speranze ed emozioni. «’Volevo nascondermi’ – dice l’attore – non è un ritratto pietistico, vogliamo
restituirgli una ricchezza che rende dignitosa la parte più fragile».
L’arte che aiuta a trovare una propria dignità, è questo il cuore del film di Diritti che in molte
sequenze riprende l’atto creativo mostrandoci come Ligabue, per mezzo del proprio corpo,
scoprirà come riprodurre su tela ciò che lo circonda, ciò che lo affascina, con colori, immagini e
forme che renderanno unica la sua pittura.
Oggi il film, penalizzato dalle norme anti-Covid all’uscita in sala nel 2020, è visibile per tutti su
RaiPlay.

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