Caro Direttore,
terminata la pausa estiva l’agenda della politica piemontese vede tante questioni all’ordine del giorno. Desidero richiamare l’attenzione su due, particolarmente rilevanti per gli effetti sulla vita concreta dei cittadini: la sanità e l’autonomia differenziata.
La sanità. È finito il tempo in cui chi governa il Piemonte chiama in causa le scelte del passato per giustificare gli insuccessi o le omissioni del presente. La nostra Regione è uscita, non senza sacrifici, dal “piano di rientro”, il nostro sistema sanitario è stato messo a dura prova dalla pandemia, ora è tempo per Cirio e per la sua Giunta di compiere scelte chiare e non di limitarsi agli annunci e alle promesse. Il banco di prova sarà il nuovo Piano Socio-Sanitario, sul quale l’assessore Riboldi ha chiesto un confronto. Ha fatto bene, perché edilizia sanitaria e medicina del territorio sono temi sui quali tutte le forze politiche devono poter portare idee e proposte: è su questi temi che si decide il futuro della sanità pubblica. La vicenda relativa alle ambulanze del 118 potrebbe essere il primo e forse non unico passo indietro rispetto alle scelte della precedente Giunta. Vedremo. Conservo le dichiarazioni fatte in passato da chi ha, o ha avuto, un ruolo nelle istituzioni locali. Sarà interessante aggiornare il mio archivio con le contraddizioni che segneranno il percorso del nuovo Piano Socio-Sanitario.
L’autonomia differenziata. La richiesta che la Lega ha rivolto al Presidente Cirio di opporsi al ricorso presentato da tre Regioni (Sardegna, Puglia e Toscana) contro la legge sull’autonomia differenziata servirà a chiarire le reali posizioni dei vari partiti del centrodestra su una materia che non è astratta architettura istituzionale ma ha effetti concreti sulla vita quotidiana. Il PD ha fatto bene a raccogliere le firme contro una legge sbagliata nella forma e nella sostanza, ma la Lega, suo malgrado, ci sta offrendo l’opportunità di aprire una seria discussione sull’organizzazione dello Stato, che è inadeguata rispetto alla realtà in cui vivono le persone. Da sempre sono un convinto federalista, ritengo che il decentramento dei poteri sia un bene per la democrazia, mentre il modello autonomista della destra va combattuto, perché indebolisce l’intero tessuto socioeconomico del Paese ma non basta dire di no. Il punto di partenza per il Pd deve essere “stessi diritti per tutti a prescindere dal luogo di residenza e dalle disponibilità economiche”, che è quanto troviamo nella nostra Costituzione: questo principio deve essere inserito in un quadro istituzionale, dove il decentramento dei poteri non è uno strumento ipso facto pericoloso. Il Pd non può correre il rischio, limitandosi a dire che l’autonomia differenziata non va bene, di venire percepito come un partito che inneggia ad un vago neocentralismo. Bisogna sempre avere paura di troppo potere nelle mani di pochi ed il vero antidoto a sovranismi e autocrazie sta nel saggio ed efficiente bilanciamento dei poteri tra Stato e istituzioni locali. Ma, oltre alla concentrazione del potere nelle disponibilità di piccole tribù politiche, a preoccuparmi è anche l’attuale differenza tra il Nord e il Sud del Paese. L’alternativa al disegno autonomista della destra non può certo essere il mantenimento di un esistente che è fatto di ingiustizie e disparità. Il federalismo municipale, le amministrazioni provinciali in quanto soggetti di governo di aree vaste, le Regioni con competenze legislative specifiche, questi sono pilastri costituzionali irrinunciabili per una forza progressista. Mi sono sempre battuto per questo anche quando nel mio partito prevalevano altre linee e continuerò a farlo con un solo fine: diffondere solidarietà, uguaglianze e pari opportunità.
Domenico RAVETTI
Vice Presidente del Consiglio regionale del Piemonte
Consigliere regionale PD
+ There are no comments
Add yours