Visti o rivisti per voi: Francesco Baracca e il Cavallino Rampante

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Tempo di lettura:1 Minuti, 40 Secondi

di Patrizia Monzeglio

Lo so che dalle fiction di Rai1 non ci si può aspettare molto, almeno così dice qualcuno. Però
qualche sforzo in più lo dovremmo pretendere, convinti come siamo che anche un pubblico di
massa possa apprezzare la differenza fra un prodotto di qualità e un prodotto mediocre. Invece
spesso è il secondo che ci viene proposto e la riprova l’abbiamo avuta mercoledì 29 marzo con il
docu-film “I cacciatori del cielo”, trasmesso dalla Rai1 in prima serata.
Una storia come quella di Francesco Baracca meritava di esser raccontata con più pathos, più
coinvolgimento emotivo verso il giovane e temerario pilota romagnolo che diventò l’idolo delle folle
mentre fra l’Isonzo e il Piave si consumava l’immane tragedia della Prima Guerra Mondiale.
Francesco Baracca, che arrivò ad abbattere da solo trentaquattro aerei nemici, passò alla storia
insieme alla 91^ squadriglia, detta “la squadriglia degli assi” e la sua figura contribuì a dare
lustro a quella che sarebbe diventata di lì a qualche anno l’Aeronautica Militare, di cui si celebra in
questi giorni il centenario.
Francesco Baracca morì nel giugno del 1918, a soli trent’anni, diventando una leggenda ma
guardando il docu-film di Rai1 abbiamo fatto fatica a identificare il giovane aviatore con il
personaggio maturo, riflessivo e malinconico che ci ha regalato l’interpretazione di Giuseppe
Fiorello. Il regista Mario Vitale ha scelto per il pubblico Rai una narrazione semplicistica, con
dialoghi didascalici che ci hanno restituito una storia piatta e banale. Si poteva fare di più? Ne
siamo convinti.
Utile comunque qui ricordare che il “cavallino rampante” che Francesco Baracca adottò come
simbolo personale, a testimonianza del suo amore per i cavalli, sia diventato a sua volta una
leggenda, passando dalla fusioliera dell’areo del pilota alle auto sportive più famose del mondo.
Enzo Ferrari raccontò infatti che fu la madre di Francesco Baracca ad esortarlo dicendo: “Ferrari,
metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna”. E a quel
cavallino nero Enzo Ferrari regalò lo sfondo giallo canarino, colore di Modena, e un futuro di
successi.

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