‘Riscoprire e utilizzare la lingua piemontese. Sarebbe una vera rivoluzione culturale’

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di Alessio Ercoli

Il 17 gennaio è la Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali. Istituita nel 2013 dall’Unpli (Unione Nazionale Pro Loco d’Italia) per sensibilizzare istituzioni e comunità locali alla tutela e valorizzazione di questi patrimoni culturali immateriali, grazie all’organizzazione di eventi e iniziative, ha il grande merito di porre l’accento su un’eredità che stiamo perdendo senza rendercene conto. Ma anche di preservare e tramandare le conoscenze e le tradizioni dei nostri territori. Mi auguro che in futuro ci possano essere sempre più attività in tutti gli angoli del Piemonte e credo che la politica debba sostenere in ogni modo chi si impegna con passione in questo senso, senza arrendersi a una visione omogeneizzante che vorrebbe la totale scomparsa di ogni parlata locale e di ogni differenza linguistica.

L’approvazione in consiglio comunale, lo scorso ottobre, della mozione a mia prima firma per la promozione e la valorizzazione della lingua e della cultura Piemontese va nella stessa direzione e si prefigge di istituzionalizzare dei momenti di formazione e di valorizzazione della lingua piemontese, della cultura e delle tradizioni locali, che rappresentano una identità da tutelare e tramandare soprattutto alle giovani generazioni, per esempio nelle scuole e attraverso corsi, convegni e altri momenti culturali. Ci sto lavorando fin dalla presentazione della mozione, anche grazie alle potenzialità previste dalle nuove legge regionali presentate dalla Lega e recentemente votate in Consiglio regionale: quella in materia di “salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale del Piemonte, ivi compreso il patrimonio linguistico e dialettale” e quella che ha istituito la “Festa del Piemonte”. Abbiamo finalmente di nuovo gli strumenti per non farci “tagliare la lingua”, ma il tempo è tiranno e dopo anni di inattivismo non di certo per le tante persone e le tante realtà che hanno dato anima e corpo per il recupero e l’insegnamento della lingua piemontese, quanto invece a causa di veri e propri tiranni delle lingue locali e dei dialetti, ci troviamo ora a rimettere assieme i cocci arrivando quasi fuori tempo massimo per avere un’ultima occasione.

Ma ci siamo arrivati, siamo ancora in tempo per arrestare la tendenza degli ultimi anni ed evitare di perdere una parte fondamentale delle nostre radici e della nostra identità. Perché le lingue locali (e i dialetti) contengono le nostre origini, raccontano la nostra tradizione, spiegano la nostra storia. Continuare a parlarle significa tramandare la nostra memoria e quella dei nostri avi. Significa non dimenticare i saperi della nostra comunità, scoprire i nostri luoghi e saper riconoscere le caratteristiche del nostro territorio. E smettiamola di pensare che parlare in lingua locale o in dialetto sia sintomo di scarsa scolarizzazione! Al contrario, è simbolo di una grande cultura e di una grande saggezza, non solo popolare. Avere il “coraggio” di riscoprire e utilizzare orgogliosamente il piemontese, senza vederlo in ottica opposta alle altre lingue, ma anzi comprendendo che possa costituire un arricchimento per ampliare un amplissimo spettro di conoscenze, sarebbe una vera e propria rivoluzione culturale.

  • capogruppo della Lega nel Consiglio Comunale di Biella
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